Il tema del nucleare in Giappone a 6 anni di distanza dal terribile incidente
L'11 Marzo del 2011 il Giappone fu sconvolto da quella che è ad oggi la peggiore catastrofe nazionale dai tempi delle 2 bombe atomiche.
Una combo terribile che avrebbe messo in ginocchio qualsiasi paese... qualsiasi ma non il Giappone.
Certo, le ripercussioni sono state tante ma a soli 6 anni dal terribile accaduto la vita sembra trascorrere normalmente, ad eccezione della zona di Fukushima.
È vero, in Giappone sono abituati a convivere con il terremoto: vivono in un arcipelago vulcanico e nel corso dei secoli hanno imparato a conoscere e rispettare la loro terra e la forza della natura.
Sapevate che nella mitologia giapponese i terremoti sono provocati da Namazu (鯰)?
Namazu è un enorme pesce gatto che vive nel fango al di sotto della terra. Il dio Kashima lo sorveglia e ne limita i movimenti con una pietra. Quando però Kashima lascia il suo posto di guardia, Namazu si agita provocando violenti terremoti.
Rappresentazione di Namazu (Edo 1855)
Essendo però un arcipelago e trovandosi quindi in mare, i terremoti sono spesso causa di pericolosissimi tsunami, ossia onde anomale capaci di inondare le coste, penetrando fino a centinaia di metri (anche chilometri) nell'entroterra.
La parola tsunami che letteralmente sta per onde sul porto può essere considerata l'equivalente del nostro maremoto ed a differenza del terremoto divora tutto ciò che incontra. Un mix di acqua e fango che lascia poco scampo a chi si trova sulla sua strada.
Purtroppo quell' 11 marzo 2011 la terribile accoppiata terremoto+tsunami non fu l'unica a colpire il Giappone.
Nella prefettura di Fukushima il terremoto, ma soprattutto il maremoto, causarono una serie di esplosioni nella centrale nucleare della città, a causa dell'allagamento dei locali in cui erano i gruppi elettrogeni di sicurezza.
Allo spegnimento dei reattori causa terremoto (normali prassi di sicurezza) doveva seguire il raffreddamento degli stessi nei successivi giorni. Questo non avvenne a causa del blackout dei gruppi elettrogeni che causò il meltdown dei noccioli di 3 reattori.
Reattore 3 completamente fuso e reattore 2 parzialmente danneggiato
Apocalisse.
Chiunque di noi ricordi la vicenda non saprebbe descriverla con termine più azzeccato.
Sembrava la fine del mondo. Città rase al suolo da onde giganti di fango, megalopoli abbandonate, una centrale nucleare in fiamme.
E loro?
I giapponesi seguirono le indicazioni di sicurezza come da prassi e si apprestarono ad evacuare con il massimo ordine possibile. La scena di Tokyo nel cui traffico paralizzato non si sente un solo clacson suonare è emblematica. File lunghe kilometri per abbandonare le città con i mezzi pubblici disponibili, nonostante la paralisi della rete ferroviaria.
Alcuni soccorsi arrivati nella zona dopo la catastrofe
Morti, dispersi; a migliaia.
Il conto finale sarà terrificante: oltre 20000 vittime.
Per non parlare di quegli eroi che hanno donato la loro vita per mettere in sicurezza la centrale. Operai che hanno lavorato per giorni a dosi di radioattività letali, che hanno lasciati vedove, vedovi ed orfani, ma che hanno scongiurato un disastro ben peggiore.
Il bilancio dell'incidente, alla fine, è stato classificato al grado 7 della Scala INES; per intenderci: al livello di Černobyl'.
Senza parlare del pericolo contaminazione e del fallout nucleare: ossia tutto quel materiale radioattivo implicato nell'esplosione e sparato nell'atmosfera, che ricade in forma di pulviscolo.
Tutto ciò ha reso le campagne e le fattorie attorno a Fukushima inutilizzabili. Ettari di terreno e migliaia di animale contaminati.
A questo va aggiunto l'inquinamento del mare e di tutte le sue specie: una catastrofe di proporzioni bibliche.
Tutto ciò ha reso le campagne e le fattorie attorno a Fukushima inutilizzabili. Ettari di terreno e migliaia di animale contaminati.
A questo va aggiunto l'inquinamento del mare e di tutte le sue specie: una catastrofe di proporzioni bibliche.
Ricordo che sarei dovuto partire per Tokyo il 12 marzo; avevo tutto pronto e la testa già proiettata al Giappone, ma la mia preoccupazione non era ovviamente rivolta alla partenza cancellata: pensavo a tutti gli amici che avevo in Giappone, giapponesi ed italiani.
A quelli di Tokyo e a quelli a nord di Tokyo, maggiormente colpiti dalla catastrofe.
Passarono giorni prima di poter ricevere loro notizie e posso solo immaginare cosa abbiano potuto provare in quegli attimi di terrore.
Il mio arrivo in Giappone fu solo posticipato; esattamente 2 mesi dopo ero a Tokyo come da nuovo programma.
Una sera ero in un bar di Golden Gai (Shinjuku, Tokyo) a bere un drink con la mia amica Kaori, ascoltando il suo racconto della terribile esperienza durante il terremoto; dal terrore provato quando la scossa di magnitudo 9.0 l'aveva sorpresa al ventesimo piano di un grattacielo dove lavorava, all'evacuazione durata giorni, con poco cibo ed acqua.
Nel bar con noi vi erano altri 3 ragazzi.
Dovete sapere che i bar di Golden Gai sono dei bar particolari: sono piccolissimi e possono accogliere un massimo di 5-6 persone alla volta. Questo rendeva la nostra interazione con gli altri frequentatori del bar in un certo modo "obbligata"; non che questo mi dispiacesse più di tanto! C'è sempre da assorbire qualcosa di buono dagli altri.
I 3 ragazzi che dividevano il nostro stesso bancone (2 ragazzi ed una ragazza) erano 3 rifugiati della zona di Sendai, una città non molto distante da Fukushima.
Ci raccontarono la loro esperienza di terrore e fuga; la tragedia nella perdita di amici e familiari, le pillole allo iodio per evitare neoplasie, ecc.
Erano lì, impassibili e freddi nel raccontare la loro straziante storia che li aveva portati a rifugiarsi a Tokyo, dove avrebbero provato a ricostruire una nuova vita. Così speravano.
Shouganai (o shiyouganai, 仕様がない).
Continuavano a ripeterlo.
È così che è andata, non ci si può far nulla, capita! Non piangere sul latte versato.
Questo il significato di un termine che esprime benissimo la filosofia nipponica, che troppo spesso non si sofferma ad incolpare qualcuno o a rimpiangere ciò che è stato, ma si proietta direttamente alla soluzione ed all'accettazione dell'inevitabile (ma anche dell'evitabile).
Ad oggi il livello di radiazioni di Tokyo è nettamente inferiore ai livelli radioattivi di Roma, anche se Fukushima è una città fantasma ed è tuttora inavvicinabile.
Dopo il disastro la coscienza giapponese si mosse tutta unita verso la chiusura delle centrali nucleari ed alla ricerca di energie alternative.
Nonostante ciò, a sei anni da quel tragico incidente, alcune centrali sono state riaperte e nel futuro quasi tutte verranno riportate a massimo regime.
Shouganai.
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